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Da Luigi XIV alle sartorie napoletane: il primo must have per l’uomo chic

Accessorio per molto tempo messo negli angoli più nascosti del guardaroba maschile, relegato unicamente ad occasioni formali e cerimonie, la cravatta è tornata protagonista delle passerelle, rivisitata in chiave moderna ma con la garanzia di una tradizione che supera le mode.
Tutto nasce ai tempi dei legionari romani con la loro striscia di stoffa colorata indossata per proteggere le vie respiratorie durante le marce: un’abitudine portata nell’aristocrazia solo secoli dopo, con il Re Sole che ne indossava una in pizzo fin dall’età di 7 anni. Inutile? No: non solo serve a nascondere la striscia verticale di bottoni della camicia, ma oggi è l’accessorio più indispensabile per l’uomo che segue le tendenze in fatto di eleganza, complemento fondamentale per l’abito che, senza, non può esprimersi al meglio.
Tanto da avere persino una celebrazione ufficiale in alcune città come Tokyo, Sydney e Dublino, il 18 ottobre di ogni anno: nei decenni sono variate le fantasie di tendenza e le forme e se negli anni ’60 arrivava ad 8 cm di larghezza, oggi la moda la vuole stretta quasi a nastro, di circa 5 cm. Come quelle in lana con disegni geometrici firmate Gallo, o quelle Celine per l’inverno 2020 da portare rigorosamente con fermacravatta in oro.
Quando usarla? Sempre con i completi, tralasciando quelle troppo anni ’80 – vistose e larghe, e puntando ad un look dandy con disegni minuscoli per uno sfizio in più con cui l’uomo può civettare.
Per le occasioni formali è preferibile optare per falsi uniti e qualcosa di classico come un motivo inglese stampato per essere discreti. Le cerimonie la vorrebbero lucida ma largo anche al velluto che dona calore ed originalità, mentre per le situazioni informali via libera a cashmere e tricot.
Il nodo? È un passaggio cruciale: deve essere stretto, e nelle passerelle Gucci anche girato da un lato, per dar un tocco bohemienne al look. 85 sono i nodi che si possono realizzare, dal Four-in-hand al Mezzo Windsor, dal Balthus all’Onassis o al Trinity.
In generale, l’imperativo assoluto è che non sia mai troppo lunga o corta: la cravatta perfetta ha una pala di 8 cm e le dimensioni devono essere ridotte nel sottonodo.
Tinta unita, Regimental, a pois o di fantasia, poi, sarà vostra la scelta: immancabile quella arancione di Hermes con i classici cavalli, o quelle monocolore e con ricamo animalier di Gucci. La fashion week la vuole sottile e da abbinare anche allo spezzato, con fantasia e rimando a figure evocative come quella di Oscar Wilde.
Le migliori, in Italia, si trovano a Como e Napoli: secondo Piero Angela nel comasco si fabbricano più dei due terzi delle cravatte del mondo, mentre sono un segno distintivo dell’artigianalità italiana quelle partenopee tanto che esiste persino una mappatura delle cravatterie della città. Qui vengono prodotte quelle celebri in tutto il mondo perchè esprimono il meglio dell’alta sartoria e per una gita a Napoli si deve necessariamente fare tappa da Marinella (in Riviera di Chiaia): qui trionfano le pregiate sete inglesi scelte da Maurizio Marinella. Twill e seta i più usati, pois, tinte unite e piccole fantasie in centinaia di varianti di colori e combinazioni ottenute grazie all’elaborazione a computer per modificare forme e combinazioni e realizzare cravatte sempre diverse. Caratteristica principale è la particolare imbottitura e il rinforzo del nodo.
Un vero must have per i gentlemen di oggi e domani.

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